L’avviso di accertamento è uno degli strumenti principali attraverso cui l’Agenzia delle Entrate notifica al contribuente eventuali irregolarità fiscali rilevate durante le sue attività di controllo. In questo articolo risponderemo a tutte le domande più comuni sull’argomento, chiarendo significato, modalità di notifica, tempi di prescrizione e comportamenti da adottare in caso di ricezione.
Come funziona l’accertamento fiscale
L’accertamento fiscale è il procedimento attraverso cui l’Agenzia delle Entrate verifica che le imposte dichiarate e versate dai contribuenti siano corrette e complete. Per farlo, incrocia i dati presenti nelle dichiarazioni fiscali con le informazioni raccolte da altre fonti, come le fatture elettroniche, i movimenti bancari, le spese sostenute, e i dati trasmessi da enti pubblici come l’INPS, il catasto, il PRA o i notai.
Se da questo confronto emergono anomalie — per esempio, un reddito dichiarato troppo basso rispetto al tenore di vita — l’Agenzia può avviare un accertamento. Questo può iniziare con un semplice invito al contraddittorio oppure, nei casi più gravi, con la notifica diretta di un avviso formale. L’obiettivo è quantificare eventuali imposte non versate e recuperarle, applicando anche sanzioni e interessi.
Come viene notificato l’avviso di accertamento
Può arrivare:
- tramite raccomandata A/R;
- PEC (posta elettronica certificata);
- ufficiale giudiziario o messo notificatore.
È importante conservarne copia e annotare la data di ricezione, perché da quel momento decorrono i termini per il pagamento o per il ricorso.
Che differenza c’è tra avviso di accertamento e cartella esattoriale?
- L’avviso di accertamento è l’atto che accerta l’imposta dovuta e può essere esecutivo (ossia valido anche per avviare un pignoramento).
- La cartella esattoriale, invece, viene inviata da Agenzia Entrate Riscossione solo se l’importo non viene pagato nei termini.
Con la riforma degli ultimi anni, molti avvisi sono già esecutivi, quindi non serve più la cartella per passare alla riscossione forzata.
Quali anni sta controllando l’Agenzia delle Entrate?
L’Agenzia delle Entrate ha un termine preciso entro cui può effettuare i controlli fiscali e notificare un avviso di accertamento. Questo termine è stabilito dalla legge e varia in base alla situazione del contribuente.
In generale, il termine ordinario di accertamento è di 5 anni a partire dall’anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione. Per esempio, se un contribuente ha presentato la dichiarazione dei redditi relativa all’anno 2020 entro i termini (quindi nel 2021), l’Agenzia delle Entrate potrà effettuare un accertamento fino al 31 dicembre 2026.
Tuttavia, se la dichiarazione non è stata presentata, o è stata presentata in modo fraudolento, il termine si allunga a 7 anni. In questo caso, sempre riferendoci all’anno d’imposta 2020, l’accertamento potrà avvenire fino al 31 dicembre 2028.
Questo significa che, nel corso del 2025, l’Agenzia può ancora controllare:
- tutti i redditi dichiarati dal 2020 in poi (5 anni a ritroso);
- ma anche i redditi dal 2018, 2019 o anche precedenti, nel caso in cui le dichiarazioni siano state omesse o irregolari (7 anni di tempo).
Di conseguenza, nel 2023, l’Agenzia controllava regolarmente i redditi del 2017; nel 2024, quelli del 2018; nel 2025, quelli del 2019 e 2020; e così via, in base al principio di retroattività stabilito dalla normativa.
Cosa fare se ricevi un avviso di accertamento
Quando ricevi un avviso di accertamento da parte dell’Agenzia delle Entrate, hai un termine preciso di 60 giorni dalla data di notifica per decidere come procedere. Le opzioni principali sono due:
1. Pagare l’importo richiesto
Puoi scegliere di saldare l’importo contestato direttamente all’Agenzia. Se effettui il pagamento entro 60 giorni, hai diritto a una riduzione delle sanzioni amministrative: invece di pagare l’intera sanzione, verserai solo un terzo del minimo previsto per legge. Questo è chiamato “accertamento con adesione” o “acquiescenza” e ti consente di chiudere la controversia in via agevolata, evitando un contenzioso e limitando i costi.
2. Presentare ricorso
In alternativa, puoi impugnare l’avviso e presentare un ricorso presso la Corte di Giustizia Tributaria (ex Commissione Tributaria Provinciale). Anche in questo caso il termine è di 60 giorni dalla notifica. Il ricorso deve essere ben motivato e accompagnato da prove e documentazione a supporto. È fortemente consigliato farsi assistere da un commercialista o da un avvocato tributarista.
Altre opzioni possibili
In situazioni specifiche, potresti avere anche altre vie percorribili:
- Conciliazione giudiziale, se la controversia è già in corso;
- Ravvedimento operoso, se non è ancora stato notificato un accertamento formale ma sei consapevole dell’irregolarità;
- Rateizzazione, se non puoi pagare l’importo in un’unica soluzione ma sei disposto a regolarizzare la tua posizione.
Qualunque sia la scelta, è fondamentale non ignorare l’avviso: trascorsi i 60 giorni senza alcuna azione, l’atto diventa esecutivo, e l’Agenzia può procedere con il recupero forzato delle somme (es. pignoramenti, fermi amministrativi, iscrizioni a ruolo).
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